1 dicembre 1968, la verità di Sivori sulla scazzottata al San Paolo

Il mercoledì successivo a quel Napoli-Juve il giudice squalificò Panzanato per nove giornate, Sivori per sei e Salvadore per quattro. Fu l’ultima partita italiana del grande Omar.

Articolo di Carlo Martinelli25/01/2022

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Si torna a parlare, ciclicamente, di una partita che è entrata negli annali più che per il risultato (2 a 1 per il Napoli) per gli strascichi che ebbe a causa degli incidenti – meglio: del pugilato – tra azzurri e bianconeri della Juventus. Era il 1 dicembre del 1968, al San Paolo. Per delinearne i contorni basterà dire che il mercoledì successivo il giudice squalificò Panzanato per nove giornate, Sivori per sei e Salvadore per quattro. Fu l’ultima partita italiana del grande Omar. Pochi giorni dopo fece le valigie e tornò in Argentina. La curiosità ci ha spinto a scovare, negli archivi, quel che lo stesso Sivori dichiarò giovedì 5 dicembre e che trovò spazio sui quotidiani del giorno dopo. Una lettura western che pare provenire più da un racconto noir che non da un campo di calcio. Virgolettiamo. E leggiamo, al cospetto del cabezòn, pur dipinto come calmo nel suo eloquio dalle cronache del tempo.

Il prologo. “Omar Sivori è esploso oggi pomeriggio negli spogliatoi del San Paolo al termine della partitina fatta giocare da Chiappella tra titolari e riserve. È esploso contro Catella (presidente Juve, ndr.), che lo aveva criticato, rilasciando una dichiarazione della cui gravità il giocatore è pienamente consapevole. La riportiamo il più fedelmente possibile”.

Il racconto. “Il mestiere di Catella è parlare e io non mi ci voglio mettere contro. Però quello che ho fatto io per la Juventus non lo ha fatto lui. I gol non li ho segnati soltanto quando avevo al fianco Boniperti e Charles ma anche con i Miranda, i Crippa e i Rossi. Avrei provato invece enorme dolore se quelle dichiarazioni fossero state fatte da Agnelli o da Giordanetti, dirigenti che io stimo moltissimo. Per quanto riguarda gli incidenti confermo che sono rammaricato, ma sono Sivori e sono fatto così. Lo facevo anche quando ero a Torino tanto che mi sono preso 27 giornate di squalifica in maglia juventina. Ma allora appartenevo a loro e non dicevano niente. Quanto dichiarato da Catella non mi sorprende. Se l’è legata al dito contro di me perché dichiarai, quando ero alla Juventus e lui era presidente: c’è bisogno di Agnelli perché soltanto con un Agnelli la Juventus potrà tornare grande. Del resto anche quest’anno si sono aggiunti Anastasi e Haller e il merito è di Agnelli, è lui che li ha comprati.

Quanto a me, gioco al calcio perché mi piace. Non sono più quello di una volta, questo è vero, ma gioco solo per passione. E quando il Napoli non mi vorrà più, me ne andrò. Però nessuno può cambiarmi. Per quanto riguarda le parolacce che io avrei indirizzato a fine partita ai giocatori della Juventus affermo che non è affatto vero. Perché io ho salutato tutti, mi sono preoccupato delle condizioni di Salvadore e di Panzanato e ho cercato di fare da paciere. Penso che Catella dovrebbe preoccuparsi un po’ di più di quello che accade della Juventus. Dieci giorni prima della partita con il Napoli, per esempio, Salvadore e Del Sol hanno fatto a pugni a Torino e nessuno ha parlato. Così come non hanno parlato di altri incidenti quando Salvadore prese un ferro dal bagno degli spogliatoi per darlo in testa ad Heriberto, l’allenatore, e fu trattenuto da De Sol.

O quando Combin prese a pugni Heriberto il quale, almeno una volta alla settimana, lo sfidava a battersi fuori dallo stadio o quando Dell’Omodarme scagliò una sedia nella schiena di Heriberto o quando ancora Del Sol ruppe una bottiglia di acqua minerale per poi darla in testa ad Heriberto. Inoltre Herrera rimproverava sempre Sacco in questi termini: Sei buono solo ad ammazzare i vecchi, perché Sacco aveva avuto un tragico incidente di auto.

Questa è la Juventus, una squadra che scende in campo con i nervi tesi. Dico a Catella quindi di lasciarmi in pace. Anche perché io non devo niente a lui e lui deve qualcosa a me per quello che ho fatto. Ripeto che la Juventus non scende in campo tranquilla perché Heriberto più che al calcio la prepara fare a pugni. Io non sono fatto di ferro e anche se non dimentico gli anni trascorsi a Torino, quando gioco contro Heriberto sono particolarmente sensibile alle provocazioni. Sono fatto così, con i miei pregi e i miei difetti”.

Sivori se ne è andato il 17 febbraio del 2005, Heriberto lo aveva preceduto il 26 luglio del 1996. Dopo quelle dichiarazioni del dicembre 1968, in quel di Napoli, vi è da supporre che non si siano mai più sfiorati, neanche lontanamente, neanche per caso.

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