Tra sogni e multiproprietà: cosa c’è nel futuro del Bari?

L'operazione Caprile, il “giocattolo usa e getta" e un futuro enigmatico: il Bari soffre gli effetti collaterali di una malattia chiamata multiproprietà.

luigi de laurentiis, bariBARI CALCIO NELLA FOTO: LUIGI DE LAURENTIIS FOTO ALFATER
Articolo di Luca Paesano31/07/2023

© “BARI – DE LAURENTIIS” – FOTO MOSCA

La cessione di Elia Caprile al Napoli è l’ultimo tassello che arricchisce la risposta al perché la multiproprietà andrebbe abolita nel mondo del calcio italiano.

Alla fine sì è giunti all’epilogo che tutti conoscevano non da ora, e nemmeno da qualche settimana, ma da un anno! Da quando, cioè, il Bari decise di puntare qualche fiches su un giovanotto di appena 20 anni che si diceva fosse tra i portieri più promettenti di tutto il panorama italiano. A quel punto, il piano era già abbastanza chiaro. La Puglia sarebbe stata solamente un appoggio temporaneo, un trampolino propedeutico, in caso di risposte positive, al palcoscenico più ambito della casata De Laurentiis.

Di fatto il Bari è stata la marionetta del Napoli. Ha acquistato il giocatore dal Leeds e gli ha dato spazio per mettersi alla prova in un contesto più pacifico. Ha rischiato al posto del Napoli, perché se poi si fosse rivelato un incredibile abbaglio sarebbe stato il Bari a ritrovarsi senza un buon portiere. Una volta certificato l’ottimo livello ed il grandissimo potenziale del ragazzo, lo ha regalato agli azzurri. Tutto ciò, guadagnandoci cosa? Poco e niente. Il Bari ha fatto il lavoro sporco ed ora chi ne godrà i benefici sarà il Napoli.

La dinamica multiproprietaria ha sostanzialmente sottratto Caprile alle logiche del libero mercato. Viste le prospettive e la stagione da protagonista appena trascorsa, il portiere avrebbe potuto attrarre indubbiamente l’attenzione di tante squadre, anche di primo livello. E con i prezzi da capogiro che circolano oggi, non è da escludere che si sarebbe potuto ricavare anche un ricco bottino dalla sua cessione. Invece Caprile finisce al Napoli per cifre misere, palesemente decise a tavolino per fare l’interesse di entrambe le squadre. Anzi, probabilmente in primis quello dei partenopei, che si assicurano il numero 1 del futuro a costi irrisori e senza alcuna concorrenza. Ma c’è poco da biasimare: d’altronde, chi nella posizione dei De Laurentiis non lo avrebbe fatto?

Tra Luigi e Aurelio sarà bastato uno sguardo, un cenno di intesa, per capire che era ora di procedere, di fare quel che andava fatto: trasferire il talento dalla succursale alla proprietà principale. Ed un discorso analogo potrebbe coinvolgere ben presto anche a Walid Cheddira.

Ma le alleanze di mercato – che tuttavia, va detto, sono state poche negli ultimi anni – sono solamente un tassello di un ragionamento ben più ampio.

A Bari sembrano doversi abituare a convivere con l’idea di essere un giocattolo usa e getta, uno di quelli con cui passi del tempo ma di cui in fondo non ti importa gran ché. Almeno fin quando la proprietà resterà in mano ai De Laurentiis. Perché alla fine “il giocattolo di famiglia”, la creatura più importante, quella di più valore, resterà sempre il Napoli. Al di là degli orientamenti del tifo, accennando anche solo un minimo di empatia, è impossibile non riconoscere e non condannare l’imbarazzante limbo in cui si trovano racchiusi i tifosi biancorossi.

E con questi presupposti, quali possono essere i sogni, le ambizioni e le motivazioni? Che futuro può avere il Bari?

La multiproprietà rappresenta il sopruso di una delle piazze e delle tifoserie più vive della geografia calcistica italiana. L’operazione Caprile è solamente una goccia in un vaso che continua costantemente a riempirsi e che raccoglie l’insoddisfazione della gente, seccata da un disinteresse apparente che sembra non offrire vie di fuga.

A scanso di equivoci, ribadiamo che non si tratta di un’accusa nei confronti dei De Laurentiis, che siamo certi si stiano davvero impegnando per ottenere grandi risultati e riportare il Bari dove merita. Sono imprenditori e il loro obiettivo è fare affari. Si tratta piuttosto di banali e scontati effetti collaterali del sistema multiproprietario.

Il problema non sorge oggi che la piazza è scontenta per il mercato deludente, ma sarebbe stato invariato anche nel caso di grandissimi colpi o, per dire, di una promozione in Serie A. Solo poche settimane fa, l’evenienza avrebbe obbligato la società a vendere il club in pochissimi giorni per rispettare i paletti posti dalla Lega per l’iscrizione al campionato. È plausibile che un successore designato esista già, ma si tratterebbe comunque di uno scossone che potrebbe necessitare del suo tempo per essere assimilato. Di nuovi volti, nuovi modi di pensare, nuove politiche societarie, nuovi obiettivi, nuove prospettive e nuove strategie. In queste condizioni, è impossibile avere una visione programmatica a lungo termine.

Che futuro si può allora ipotizzare con una situazione così precaria? Basta fare un giro sui social e consultare le principali pagine di riferimento. Anche i più ottimisti, quelli che sostengono la società e gli sforzi di De Laurentiis, tentennano al riguardo. I tifosi del Bari stanno vivendo la multiproprietà come una condanna. E non hanno neppure torto.