Inzaghi: “Da calciatore ho sempre odiato la panchina, ma poi…”

L'allenatore della Salernitana, Inzaghi, ha rilasciato una lunga intervista in cui ha svelato alcuni retroscena e dettagli sulla sua vita privata e non.

Filippo InzaghiFoto Mosca
Articolo di Redazione SDS20/11/2023

©️ “INZAGHI” – FOTO MOSCA

L’allenatore della Salernitana, Filippo Inzaghi, ha rilasciato una lunga intervista al Corriere della Sera nel corso della quale ha affrontato diversi temi, svelando alcuni retroscena e dettagli sulla sua vita privata e non. Di seguito, le sue parole:

“Come sono i miei cinquant’anni? Sereni. Ho fatto tante cose, ho vinto e ho perso. Se fino a pochi anni fa lei mi avesse chiesto che cosa viene prima nella mia vita io le avrei risposto senza dubbio “il pallone”. Oggi le dico “i miei due figli”. Dovevo sposarmi due anni fa, poi Angela (compagna di Inzaghi dal 2017, ndr) è rimasta incinta. Col tempo ho imparato a programmare di meno e a godermi i giorni”. Poi la domanda sul suo sogno erotico da ragazzo: “Monica Bellucci. Che dire, mi sono sempre piaciute le more e poi mi sono innamorato di una bionda che sto per sposare: ci sarà qualcosa di freudiano”.

Il ricordo della finale di Champions di Atene con la maglia del Milan

“Da quando ero un ragazzino che giocava nel campetto di cemento di San Nicolò di Piacenza, ho lavorato per diventare un bravo calciatore. Anzi, un grande calciatore: un giorno mi apparve “il fantasma” di Gerd Müller, lo storico attaccante del Bayern Monaco e della Germania Ovest, che aveva segnato 69 reti nelle coppe europee. Ero un ragazzo, rimasi folgorato. Il giorno che ho superato il record di Müller è stato tra i più belli della mia vita. Se più bello della finale di Champions di Atene del 2007 con la maglia del Milan? Non esageriamo. La doppietta contro il Liverpool è stata il mio momento più giusto. Due a uno e i tifosi impazziti. Ma lo sa che Berlusconi me lo aveva predetto alla vigilia? La mia presenza in campo è stata in dubbio fino a poche ore prima. Non ero al massimo e si stava già scaldando Gilardino, poi Ancelotti si impuntò. E Berlusconi mi telefonò. “Sono sicuro”, mi disse, “che lei domani farà due gol”. E così fu. Naturalmente, alla fine della partita, il presidente mi chiamò per complimentarsi ma anche per dirmi “Glielo avevo detto io”. Mi manca molto, ma di quel Milan mi mancano tante persone. Carlo Ancelotti, per dire. È un uomo intelligente, umano, presente. Una volta per il mio compleanno, che cade il 9 agosto, lasciò libera tutta la squadra per farci festeggiare. Compivo trent’anni: nessuno ci pensa mai, ma la tensione per un calciatore aumenta con l’età”.

Gli scarpini al chiodo

“Io ho smesso a 39 anni, oggi un’età ancora molto giovane, ma per noi non è così. Ricordo quando rimasi in Belgio un mese perché mi ero fatto male a una gamba. Il compleanno peggiore di sempre. Ma Ancelotti mi mandò un sms: “Tornerai grande”, diceva. Chissà, pensavo io. Non si è mai sicuri di niente quando si gioca a quei livelli. Ricordo benissimo i miei ultimi quattro minuti in campo. Era il 13 maggio 2012, ore 16.45. In verità, per me quelli dovevano essere gli ultimi minuti con il Milan, poi si sono trasformati nei definitivi ultimi. La cosa buffa è che pensavo al ritiro da tempo, come ogni uomo coscienzioso: farò altro, ho vinto tanto, mi dicevo. La verità amara è che la tristezza non la puoi controllare e così, dopo, sono stato malissimo. Per fortuna che c’era la mia famiglia: mamma, papà, il Mone (Simone Inzaghi, il fratello, ndr)”.

L’inizio della carriera da allenatore

“Io da calciatore ho sempre odiato la panchina, ma poi ne ho fatto un lavoro, come allenatore, perché io lontano dal campo non ci so stare. Non è debolezza, è umanità. E così si spiega anche perché, da allenatore, sono passato dal Milan al Venezia, cioè Lega Pro: “Tu sei pazzo”, mi dicevano, perché avrei potuto aspettare e trovare di meglio. Ma come avrei fatto per mesi interi senza l’erba del campo?”.