Volevamo il bastone, Garcia l’ha vinta con la carota
È stata la vittoria di Garcia. Il francese si è dimostrato un uomo saggio. Nessuna presa di posizione. Carote della pace.
©️ “GARCIA, CAROTA” – FOTO MOSCA
Ai posteri l’ardua sentenza, eppure l’attualità qualcosa può accennarcela. Rudi Garcia – al contrario di quanto si raccontava in giro – è un uomo saggio. Un tecnico che ha agito da illuminato in un contesto che lo avrebbe voluto dispotico.
Eravamo stati i primi, notando i segni evidenti di uno scollamento tra il gruppo squadra e il francese, a suggerire una presa di posizione rumorosa da parte dell’allenatore. Bisognava dare un segnale per imporre la propria leadership, tanto più dopo la rincarata dose del permaloso Osimhen.
Ebbene, Rudi ha fatto il contrario, ci ha sorpreso. Ora bisogna augurarsi e augurargli di averci visto lungo. Ha scelto la carota al bastone, la misericordia al castigo. Percorrere questa strada richiede spalle ancora più larghe.
E allora vada a quel paese la piazza, i media, le reazioni a caldo, Tik Tok. Parola al campo, dove ci vanno tutti i migliori. Rudi ha schierato la formazione tipo date le attuali condizioni. Si è portato a casa un risultato tipo quelli della scorsa stagione. Napoli in scioltezza, quattro reti rifilate all’Udinese, con firma a calce di Zielinski (su rigore conquistato da Victor), Osimhen, Kvaratskhelia (delizioso) e Simeone. Quattro a uno, per gli ospiti il gol maradoniano di Samardzic (arrivato sul 3-0).
Una vittoria da “tutto bene quello che finisce bene”. Una vittoria che scaccia via i nuvoloni che nella giornata di ieri si aggiravano minacciosi sulla città, il caso Osimhen sembrava essere la famosa goccia spacca-vasi. L’unico agente atmosferico, invece, si è abbattuto in campo sui friulani. Era il Napoli versione uragano, fatto di gioco e corsa, pressing asfissiante.
Dicevamo, la partita l’ha vinta Garcia, tenendo Osimhen in campo quando chiunque lo avrebbe voluto fuori. È stato un “mi fido di te”, nonostante tutto. Victor non è felice, in estate voleva andar via e l’inizio di stagione ha acuito il suo malcontento, ma è il calciatore più forte e, soprattutto, affamato del Napoli. Avrebbe avuto il dente avvelenato, gli occhi della tigre sul rettangolo da gioco. Così è stato. Chapeau. Il nigeriano ha fornito una prestazione da giaguaro, ha segnato, ed è uscito al minuto 63’, prendendosi gli applausi del Maradona e stringendo la mano a Garcia. Non una pace, forse, ma un patto, di sicuro.
Un’altra nota positiva, abbiamo visto di nuovo un Napoli capace di interpretare lo spartito, il piano gara, non subirlo, restandone al lazo. C’è stata libertà di esprimersi nei protagonisti in campo. Si è rischiata la giocata per dirla alla Bernardeschi. E ognuno ha fatto finalmente il suo. Kvara il Kvara, Di Lorenzo e Mario Rui i terzini, Lobokta il Lobotka, ovvero la chiesa al centro del villaggio.
Certo era solo l’Udinese, penultima in classifica, ma questo Napoli avrebbe vinto contro tante e ha dimostrata che quanto visto a Braga e a Bologna era “crescita”. Dal controllo al dominio. La compattezza difensiva si forma, la verve offensiva comincia a brillare, il fisico carbura. Lo spogliatoio sembra essersi ritrovato tra una carota e l’altra. Dopo tanti pensieri amari, si può ritornare ad avere fiducia in questa squadra, nel suo tecnico e nel futuro.
L’Inter, intanto, è caduta col Sassuolo. Il tempo è galantuomo.