Può sembrare un racconto romantico, ma non lo è. Appare più un inno al paradosso, una sorte di intrusione in un universo parallelo. Otto gol, un rigore sbagliato e il triplice fischio arrivato all’89’ per placare il lancio di oggetti dagli spalti. È trascorso quasi mezzo secolo da quel 15 dicembre 1974 allo stadio San Paolo, eppure quella bruciante sconfitta inferta dalla Juventus al Napoli per 6 a 2 resta tutt’oggi impressa a fuoco nei ricordi dei tifosi azzurri e bianconeri. Chi per un motivo, chi per un altro.
La squadra del presidente Ferlaino è reduce da uno strepitoso, ma faticoso, terzo posto conquistato la stagione precedente, dietro soltanto alla Lazio campione d’Italia e la Juventus. Dopo un primo campionato di rodaggio, il Napoli de O’Lione, al secolo Luis Vinicio, parte dai cancelletti di partenza con la convinzione di poter lottare fino alla fine per lo scudetto. Ed effettivamente così fu. Quella degli azzurri sarà una corsa all’ultima curva, caratterizzata, a detta dei più maturi, dal più bel gioco di squadra mai visto in città.
Il Napoli ha scelto di sposare la filosofia del “calcio totale” all’olandese: a parte un paio di marcatori fissi, i giocatori si muovono per tutto il campo non dando riferimenti agli avversari. Le partite diventano un’esibizione della giostra del gol per tutta l’annata. Ottimi giocatori, ma non certamente bomber di razza, concluderanno la stagione in doppia cifra nella categoria delle realizzazioni.
Tuttavia Ferlaino riesce a rinforzare ulteriormente la squadra con innesti di livello. Strappa un paio di fuoriusciti dell’Inter del calibro di Tarcisio Burgnich, quale rinforzo per la difesa, e Giuseppe Massa da affiancare a Clerici e Braglia nel reparto offensivo. Per garantire fosforo in mezzo al campo viene ingaggiato un regista come Rosario Rampanti, di provenienza Torino, mentre sostanza e abnegazione arrivano direttamente da Brindisi con il terzino Antonio La Palma.
Insomma, la rosa è competitiva, l’allenatore è antesignano di quel gioco universale imposto all’attenzione del mondo dall’Olanda di Crujiff e Neeskens, e di cui qualche anno dopo Sacchi sarebbe stato il naturale prosecutore, la squadra vince e offre spettacolo. Lazio e Juventus partono con i favori del pronostico, le milanesi inseguono e il Napoli sembra potersi inserire nel discorso di vertice: queste le candidate al titolo di Campione d’Italia 1974/75.
La squadra rimane imbattuta per le prime nove giornate di campionato. Per il decimo turno la Juventus, prima in classifica dopo un’inziale partenza lampo della Lazio, si presenta al San Paolo forte del vantaggio di due punti sul Napoli. Potrebbe essere l’occasione per l’aggancio in vetta. Purtroppo per il popolo azzurro la partita si trasforma in un match di Wimbledon. La Juve si aggiudica il “set” 6-2 mandando a segno Damiani (doppietta), Bettega, Altafini, Viola e Causio. Del tutto inutili le reti di Clerici, se non per la classifica cannonieri 1975 (14 reti e terzo tra i marcatori). Fu l’apoteosi del calcio “catenacciaro” all’italiana sulla versione all’olandese proposta da Vinicio. Il trionfo del contropiede contro una difesa a zona. Al termine della prima frazione il Napoli era già in svantaggio di tre goal.
Come si può spiegare un simile tracollo visti i risultati ottenuti nei primi nove turni di campionato? In effetti, un’attenuante ci sarebbe. Il Napoli nel corso di quella stagione è anche impegnato in Coppa Uefa. Dopo i primi due turni superati abbastanza agevolmente, gli azzurri si ritrovano ad affrontare i cecoslovacchi del Banik Ostrava. L’andata al San Paolo segna una netta sconfitta per 0-2, e il ritorno è previsto per l’11 dicembre, quattro giorni prima della tanto attesa sfida con la Juve.
Un qualsiasi allenatore, conscio del risultato maturato in casa con il Banik, avrebbe probabilmente schierato una formazione B, quello che oggi chiamiamo “fare turnover”. A ogni buon conto O’Lione gioca sempre per vincere. E anche in questo frangente mette in campo la squadra titolare, ad eccezione dell’indisponibile Clerici, con una sola indicazione ai suoi: attaccare fino al triplice fischio. Il terreno di gioco reso pesantissimo dalle nevicate dei giorni precedenti, e un goal del Napoli ad inizio partita, trasformarono da subito il match in una gara di resistenza.
Il Napoli di Vinicio, con la possibilità di qualificazione riaperta, attaccò per tutti i 90 minuti nel fango di quel “campo minato”, purtroppo senza trovare il raddoppio, anzi, venendo raggiunti sul finale. Gli azzurri rientrarono negli spogliatoi stremati fisicamente e psicologicamente. Come se ciò non bastasse, Bruscolotti racconta: “Il viaggio del ritorno durò due giorni. Dormimmo una notte sulle poltrone di un aeroporto ed arrivammo a Napoli solo il venerdì“. Tutto lo stress accumulato durante questa trasferta massacrante fu poi decisivo nella dabacle subita dalla Juve due giorni più tardi. Clerici, l’unico titolare risparmiato in Cecoslovacchia, “casualmente” disputò una grande gara.
Molti sarebbero crollati. Non il Napoli coraggioso de O’Lione. Certo, la reazione non fu immediata, infatti, i due pareggi consecutivi con Ternana e Inter insinuarono il dubbio nei tifosi che la strada intrapresa del “calcio totale” non fosse quella giusta. Poi, iniziò la rimonta. Fin tanto che la sera del 31 marzo, giornata numero 24, il Napoli sconfisse 2-0 il Milan limando il margine dai bianconeri a soli due punti.
6 aprile 1975. Il Napoli è in forma smagliante, la difesa è stata registrata, e la voglia di vendicare quella umiliante sconfitta alimenta l’adrenalina degli azzurri. Lo Stadio Comunale è gremito fin all’ultimo posto, con un corposo gruppo di tifosi napoletani giunti a Torino per sostenere la squadra. La partita vive sul filo dell’equilibrio. Zoff para tutto quello che si può parare, tranne la conclusione di Juliano che pareggia il vantaggio iniziale di Causio.
Ma quel giorno, proprio nella partita che avrebbe dovuto lavare l’onta dell’andata al San Paolo, nasce “core ‘ngrato” Altafini, prima beniamino, da adesso l’ingratitudine impersonificata per tutta Napoli. Subentrato con una manciata di minuti da giocare realizza all’88’ la rete decisiva del match, sentenziando la condanna dei ragazzi de O’ Lione in campionato. Ancora oggi se lo chiedono in molti: Chissà come avrebbe potuto concludersi quel campionato 1974/75 senza quella campagna di Russia in terra cecoslovacca.
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