I papponisti non sarebbero in grado di fare il presidente neppure per un giorno!
Chi chiama "pappone" De Laurentiis, riuscirebbe a ricoprire le vesti da presidente anche solo per un giorno?
© “DE LAURENTIIS” – FOTO MOSCA
Ho sempre avversato, anche su altre testate, le tesi dei “papponisti”, interpreti di una corrente di pensiero (“il papponismo”) sicuramente interclassista .
Le accuse più ricorrenti che vengono mosse ad ADL riguardano la sua presunta scarsa propensione ad investire per far “vincere” il Napoli (“Pappo’ cacce ‘e sord”) e soprattutto la più eterea (e forse storico-antropologica) incriminazione per aver sfruttato Napoli per il lurido fine del profitto (“Pappo’si venuto a fa ‘e sord ‘ncuoll a nuje”).
Se però il papponismo è interclassista, altrettanto vera è la mia allergia di fronte alla interpretazione di questo fenomeno da parte dell’alta borghesia (se mai esiste ancora) imprenditoriale e culturale della nostra città.
Perché loro sono consapevoli che in finanza esiste una equazione-assioma che definisce il rapporto rischio-rendimento come direttamente proporzionale: guadagno di più (così come potrei perdere di più) se rischio di più!
Qualunque sia la dimensione, il settore e gli obiettivi, ogni imprenditore dev’essere capace di effettuare (ed efficientare) un processo di identificazione e misurazione dei rischi, con definizione delle relative strategie per dominarli. Questo processo si chiama risk management e forse qualche lezioncina i sostenitori del “papponismo” potrebbero anche chiederla ad Aurelio De Laurentiis prima di esprimere giudizi. Semmai solo per capire che il risk management non si caratterizza solo per la sua connotazione negativa (inteso come pericolo), ma anche per le opportunità che derivano da una incognita.
E allora vogliamo ricordare che De Laurentiis si è assunto, con l’acquisto della società dal curatore fallimentare, un rischio imprenditoriale enorme se si pensa che il Napoli ripartiva dalla serie C e che qualche settimana prima non si era trovato un solo imprenditore napoletano che volesse rischiare solo 7 milioni per ripartire, in base al lodo Petrucci, probabilmente dalla serie B?
E allora sdoganiamo il presidente anche dall’obbligo di doversi difendere dal fatto che probabilmente guadagna (o guadagnerà) tanto.
Deve guadagnare tanto, la regola finanziaria lo conferma, perché ha rischiato tanto!
Forse non tutti ricordano che per rilevare un’azienda fallita (il Napoli), De Laurentis versò alla curatela un assegno circolare di Unicredit Banca di circa 30 milioni di euro. Conosco molto bene (!!!) la firma del dirigente che firmò, in quel luglio del 2004, quegli assegni circolari ed ho le prove, contrariamente a quanto si afferma in giro, che le disponibilità a copertura di quell’impegno appartengono ad Aurelio De Laurentiis.
Per la precisione, così come scritto nella Relazione sulla Gestione relativa al bilancio 2005, l’acquisto del ramo di azienda riguardante l’attività sportiva dal fallimento S.S.C. Napoli SpA. è avvenuto al prezzo di Euro 29.500.000 oltre imposta di Registro del 3%. Quindi un rischio di circa 30 milioni sostenuto attraverso un finanziamento di Unicredit (interamente garantito dal patrimonio della famiglia De Laurentis).
In più i soci, nei primi due anni di attività, al fine di ripianare le perdite iniziali, hanno apportato come capitale di rischio altri 16,65 milioni di euro. E siamo a un totale di 47 milioni circa!
Infine, dall’analisi del bilancio del Napoli del 2017, figura anche un “finanziamento soci” di Euro 3.911.220 che, è bene sottolineare, è da catalogare come capitale di prestito e non di rischio. In altri termini, la famiglia De Laurentis, in questi anni, ha messo nelle casse del Napoli 51 milioni!
E’ vero che l’investimento in questi anni è stato ampiamente rimborsato sotto forma di dividendi e di compensi ma non dimentichiamo che chi rischia tanto può anche perdere tanto!
Si chiama rischio imprenditoriale e la storia dell’ultimo ventennio del nostro Napoli lo ha dimostrato.
Provino i vari intellettuali ed imprenditori ad andare in banca ed a chiedere al loro consulente: “vorrei investire i miei risparmi in un prodotto che mi faccia guadagnare tanto ma che non mi faccia rischiare il mio capitale”!
Conosco la reazione: o chiamano un’ambulanza o saranno subissati di pernacchie e sorrisi ironici (quando non spennati perché polli pronti per essere subdolamente truffati)!
Scendete in campo, investite in una impresa sportiva, magari tentando anche di rilevare il Napoli se proprio pensate che la gestione sia inefficiente, mettete i vostri risparmi nella Prozozzosa Football Club, e vediamo se siete capaci di riportare una società, partita da un valore zero (!!) ad un valore di mercato che si aggira, secondo l’ultimo studio del Cies Football Observatory, intorno ai 390 milioni di euro!
Altrimenti non potete fare il presidente di una squadra di calcio neppure per un giorno. Non chiediamoci poi perché gli imprenditori allogeni non vengono ad investire nella nostra città.
Forse uno dei motivi risiede in questa resistenza culturale ad accettare “chi è meglio ‘e te”.