“Rigorini” e tuffatori di professione: la lenta morte del vero calcio?
Un tocco leggero, un lieve contatto, e via con la capriola acrobatica e le solite grida di dolore: e così che i 'rigorini' spuntano come funghi.
La caccia al contatto: quando gli attaccanti diventano cacciatori
“Benvenuti nell’era dei ‘rigorini’: una storia che ha rivoluzionato il calcio italiano. La Serie A, un tempo regno di dribbling, contrasti e gol da antologia, si è trasformata in un circo equestre dove i calciatori, più che calciare, si tuffano. Nel calcio moderno, non è più una questione di dribbling e tiri da fuori area, ma piuttosto di veloci incursioni alla ricerca del contatto giusto. Un tocco leggero, un lieve contatto, e via con la capriola acrobatica che lascia intendere di essere stati falciati come cinghiali abbattuti da proiettili a pallettoni, sicuri di ottenere il fatidico fischio dell’arbitro con rigorino al seguito. Questa è la nuova realtà a cui stiamo assistendo in Serie A, dove non solo il VAR, ma anche gli arbitri, sembrano aver abbandonato il coraggio di decidere sul campo, per rifugiarsi dietro a uno schermo. Il risultato? Una proliferazione di “rigorini“, concessi per contatti a dir poco veniali, che stanno riscrivendo le regole non scritte del calcio.
Se in passato l’attaccante cercava la porta, oggi sembra quasi che il suo obiettivo sia il difensore. Non tanto per superarlo con un dribbling o un’accelerazione, ma per cercare quel contatto, quell’inciampo tattico che, in una frazione di secondo, può trasformarsi in un rigorino che cambia le sorti della partita.
Il VAR: un alleato o un nemico del gioco?
Quando il VAR è stato introdotto, si pensava che sarebbe stato lo strumento definitivo per eliminare gli errori e garantire una maggiore giustizia in campo. Ma, come spesso accade, la tecnologia non risolve tutto, anzi, in questo caso ha creato nuovi problemi. Gli arbitri, chiamati ai monitor, si trovano in una situazione difficile: osare smentire la decisione del VAR o piegarsi al verdetto dello schermo?
Ecco il punto: gli arbitri, invece di prendere decisioni autonome sul campo, sembrano diventati degli esecutori automatici di quanto indicato dal VAR. Il più delle volte, davanti alla chiamata di controllo video, l’arbitro va al monitor con una sola convinzione: cambiare la decisione originale. Questo crea una dipendenza dalla tecnologia che non solo falsifica il campionato, ma toglie anche spontaneità al gioco.
La nuova arte del tuffo: istruzioni per l’uso
Il nuovo attaccante del calcio moderno ha affinato la sublime arte del tuffo. Non è più sufficiente essere veloci, tecnici e abili nel dribbling; bisogna anche avere un tocco teatrale. Dopo aver puntato il difensore, l’obiettivo è uno solo: farsi toccare, cadere in modo plateale e guardare con speranza verso l’arbitro. Spesso, la scena viene arricchita con grida di dolore che nemmeno i più grandi attori di Hollywood riuscirebbero a eguagliare. E qui sta il dramma: il calcio si sta trasformando in una parodia.
Gli attaccanti della serie A si sono talmente abituati a questa pratica che, quando si trovano a giocare in competizioni europee o internazionali, restano increduli davanti alla mancanza di attenzione da parte degli arbitri. In Champions League, non c’è VAR che tenga: i tuffi vengono spesso ignorati e i nostri eroi restano sbalorditi di fronte a questa “ingiustizia”. Ma la verità è che fuori dai confini nazionali il calcio è ancora vissuto con più onestà, e i rigori vengono concessi solo in casi di veri falli. Quello che è tollerato in Serie A non lo è altrove, e questo divario si sta allargando sempre di più.
L’effetto sui risultati e sulla credibilità del campionato
Il rischio più grande, però, è che la Serie A perda credibilità. Così, partita dopo partita, il campionato rischia di risultare falsato. Le squadre che possono contare su attaccanti più inclini al tuffo che al gioco pulito si ritrovano avvantaggiate, mentre quelle che prediligono il gioco di squadra e la costruzione della manovra vengono penalizzate.
Quando le partite vengono decise da rigori dubbi, il risultato diventa una farsa. Il calcio è uno sport di contatto, ma la paura del minimo impatto ha trasformato la fase difensiva in un incubo. I difensori sono costretti a giocare con estrema cautela, ben consapevoli che basta una leggera deviazione per concedere un rigore che potrebbe decidere la partita. Questo non solo falsifica il campionato, ma mina anche la fiducia dei tifosi e degli appassionati che vedono il gioco che amano trasformarsi in uno show teatrale di pessima qualità.
Cosa dice il regolamento? E perché non viene applicato correttamente?
Secondo il regolamento, non tutti i contatti in area sono automaticamente rigore. Il fallo da rigore richiede che l’azione del difensore impedisca realmente al giocatore di proseguire, o che ci sia una chiara infrazione delle regole. Il contatto in area non è automaticamente un rigore. Ci deve essere un’azione significativa, un impatto vero e non una semplice “carezza” involontaria. Eppure, sempre più spesso vediamo rigorini concessi per azioni che fino a pochi anni fa non sarebbero nemmeno state considerate fallo.
La normativa non è cambiata, ma l’interpretazione è diventata molto più permissiva nei confronti degli attaccanti.
Il regolamento dell’IFAB (International Football Association Board) specifica chiaramente che il calcio è uno sport di contatto, e che il giudizio deve essere legato alla severità del fallo. Allora, perché stiamo assistendo a questa inflazione di rigori? La risposta va cercata nella mancanza di coraggio decisionale da parte degli arbitri, che preferiscono rifugiarsi nel VAR piuttosto che assumersi la responsabilità di una chiamata controversa. Questo atteggiamento può contribuire a falsare il campionato, mettendo in secondo piano le qualità tecniche a favore di quelle attoriali.
Il calcio italiano ha bisogno di una svolta e non di rigorini a go go
Se il calcio in Italia vuole tornare a essere il gioco che conosciamo e amiamo, è necessario un cambio di rotta. Il VAR deve essere usato come supporto, non come unica voce decisionale. Gli arbitri devono riprendere in mano la loro autorità sul campo e penalizzare i tuffatori in maniera più severa. Solo così potremo evitare che la Serie A si trasformi in una parodia di sé stessa.