Se son rose…fioriranno
Se è vera gloria è sentenza prematura: il Napoli "Spallettiano" regala euforia alla piazza, ma è troppo presto per cantar vittoria.

© “SPALLETTI” – FOTO MOSCA
Come tirare su dal mare una cernia di 25 chili catturata con l’amo di una canna da pesca, come vincere mezzo milione con un gratta e vinci da pochi euro scelto a caso dal tabaccaio, come ereditare da una zia d’America (che riposi in pace) una fiammante Lamborghini, come il bottino di otto vittorie consecutive del Napoli a guida Spalletti. Ovvero fortunatissime componenti di eventi eccezionali.
L’ultimo citato manda in fibrillazione i cuori che palpitano per l’azzurro, un tempo per il “ciuccio fa tu’” e in tempi moderni per il “Forza Napoli” che precede e conclude tutti i dialoghi telefonici della tifoseria con una delle radio più gettonate, seguita dai cinque continenti, in estasi per il “gol-gol-gooooooooooooooooooool” del bravo radiocronista narratore delle prodezze di Osimhen. La cassaforte di De Laurentiis, alleggerita del poco che ha convinto Anguissa a diventare vesuviano e il petto all’infuori di Spalletti per ora alla pari con il record di vittorie del maestro Sarri, godono dell’euforia partenopea, dell’orgoglioso sguardo alla vetta della classifica dove il Napoli staziona dall’inizio del campionato.
Se è vera gloria è sentenza prematura: il Napoli europeo non ha certo entusiasmato e neppure la serie di successi talvolta agguantati in extremis nel primo step del campionato. Immagino le reazioni a questa riflessione anticonformista, le espressioni di sdegno per una sentenza che cozza contro il coro di osanna e non solo del tifoso azzurro “tipo”, che echeggiano gli sperticati elogi dei media per il “miracolo” Spalletti. Il quale, a ragione, esibisce i numeri record dei gol subiti, meno di ogni squadra europea e naturalmente le otto vittorie.
E però, un paio di note a margine: senza il fenomeno Osimhen, questo Napoli sarebbe egualmente squadra finora imbattibile? Non è evidentemente carica di affetto campanilista l’analisi delle otto partite, racconta altro: vittorie acciuffate per i capelli in extremis, fa testo l’ultima contro i granata di Juric ed è ancora invisibile il “look Spallettiano”, la ricaduta della sua personalità sulla squadra. Certo, è ingrato, se lo consente lo stato anagrafico, paragonare il suo Napoli alle meraviglie del calcio spettacolo offerto dal leone brasiliano Vinicio (qualche sconfitta di troppo, è vero, ma gioco entusiasmante) e ancora più dal genio di Sarri, nella scia del favoloso Guardiola.
Il tecnico napoletano calcisticamente maturato in Toscana è stato “licenziato” per non aver subito la dittatura De Laurentiis, presidente-allenatore. In laconica sintesi: il “noster deus” della pedata Spalletti, l’alleluia per l’abilità nel tirar via dal campo uomini stanchi o meno efficienti con alternative di lusso della ricca panchina, non spiegano da punti di osservazione tecnici il ridotto rendimento di Zielinski, l’improvviso smarrimento di Manolas, l’incerta posizione in campo di Insigne, indotto a ripetute coperture difensive, l’andamento alterno di Lozano, il limitato impiego del fantasista Ounas dal dribbling ubriacante, il rendimento di Meret, non in linea con il giudizio di accreditato erede di Donnarumma, eccetera, eccetera.
Il colpo di fulmine di Napoli per Spalletti è certamente buona cosa, utile al clima interno ed esterno alla squadra. L’auspicio è che le premesse positive delle prime otto partite si confermino quando le sfide avranno come “nemici” squadre competitive del campionato ed europee. Certo non il match di dopodomani con il Legia Varsavia, che squadra “monstre” non è. Sarà certamente indicativo il derby del centrosud di domenica, avversaria la Roma di Mourinho, uno che di calcio ne mastica e come.
In margine a questi ragionamenti, per nulla disfattisti, al contrario manifestati con spirito costruttivo, anche per sventare il rischio di future delusioni, un cenno è dovuto all’ingratitudine anomala dei napoletani, alimentata dalla stampa, all’incomprensibile giustizialismo che subisce la figura eticamente e sportivamente ineccepibile di Gattuso. Il suo torto, se così si può definire, è molto analogo all’atteggiamento orgoglioso di Sarri, che ha rifiutato di operare a comando, come se ad allenare la squadra fosse De Laurentiis in persona. Alla generosità di ‘Ringhio’, alle spalle dritte di un maestro qual è Sarri, Napoli deve riconoscenza, non segnali di ostilità e disistima.
Comunque, come ripetono a radio Kiss Kiss come un mantra, “Forza Napoli”.