Raccontare Dirceu
L'incredibile storia di uno dei più grandi talenti del calcio verdeoro. Dai sfortunati tre mondiali disputati all'esperienza all'Avellino.
Raccontare Dirceu in maniera didascalica sarebbe facile, ma risulterebbe banale. Ha rappresentato per una decina d’anni il pallone del sud, impreziosendo il calcio italiano di quell’epoca con numeri di classe, prodezze balistiche, e azioni che oggi al massimo possiamo rivitalizzare attraverso la playstation.
Il Dirceu da raccontare è quello nei panni del testimone di eventi. Pochi al mondo come lui hanno vissuto alcune delle vicende più importanti della storia della sfera di cuoio. Per farlo ci aggrappiamo al Dirceu verdeoro, astro della canarinha, personaggio dispari ed essenziale.
Nel 1974 gioca la Coppa del Mondo in Germania. E’ un Brasile in rottamazione dopo il trionfo messicano sull’Italia. Zagallo deve fare scelte importanti. Ha perso Tostao per un problema alla retina, Pelé è salito sull’Aventino, così decide di affidarsi al 21enne Dirceu, che nel Botafogo stava facendo impazzire la calda torcida “Fogão”.
Ecco la prima data da mettere a fuoco: 3 luglio 1974, Dortmund. La Selecao affronta l’Olanda che sta per diventare “arancia meccanica”. Chi vince vola in finale. E’ il momento clou della manifestazione in chiave orange. Neeskens e Cruyff mettono al sicuro il risultato e in parte umiliano gli abdicanti migliori al mondo. Il grande Brasile, con Dirceu in campo comunque a far venire le vertigini a Suurbier, cede il passo.
Nel 1978 i verdeoro tentano nuovamente la scalata alla Coppa del Mondo, e Dirceu è in stato di grazia. Verrà persino eletto nella triade dei migliori giocatori della kermesse. Il Brasile, guidato da Coutinho, è ancora una volta a un passo dalla finale. La data questa volta recita: 21 giugno 1978. A Mendoza i sudamericani liquidano la Polonia con un secco 3 a 1. A Rosario l’Argentina vince di goleada, 6 a 0, sul Perù.
La differenza reti punisce i verdeoro e manda a Buenos Aires la formazione di Menotti. “Giocammo due ore prima dell’Argentina – ricordò Dirceu – e siccome era decisivo il numero dei gol, gli argentini sfruttarono il vantaggio: “Gara combinata? Non lo so, ma accaddero cose strane“. Come il marcatore di Kempes, il modesto Rodolfo Manzo, all’epoca in forza al Deportivo Municipal, che dopo il mondiale firmò un contratto milionario con il Velez Sarsfield.
Passano altri quattro anni e Dirceu è ancora al suo posto nella Seleção. Sono i mondiali di Spagna. Tele Santana lo schiera titolare contro l’Unione Sovietica, ma tra il primo e il secondo tempo, con i russi in vantaggio (papera di Valdir Perez su tiro di Bal), “o Mestre” gli preferisce Paulo Isidoro. Da quel momento Dirceu non troverà più posto, chiuso da Toninho Cerezo.
E’ comunque in panchina (altra data) il 5 luglio 1982 al Sarrià. Inutile dilungarsi su che cosa accadde. Noi italiani, ma anche i brasiliani a dire il vero, lo ricordiamo bene. “Fu talmente clamorosa quella sconfitta che il Brasile tornò a giocare una gara ufficiale nell’aprile dell’anno successivo“. Altro salto temporale, sempre di quattro anni. Dirceu ha 34 primavere, sta per firmare con l’Avellino dopo una buona stagione a Como, e Tele Santana lo vuole per la kermesse messicana.
E’ il 14 maggio 1986, il piccolo ed estroso brasiliano si rompe i legamenti del ginocchio destro e deve abbandonare il sogno di disputare il quarto mondiale con la canarinha, privilegio rimasto per ora solidamente nei piedi di Pelé. Lo sostituisce Edivaldo dell’Atletico Mineiro. Dirceu morirà in un incidente stradale nel 1995, Edivaldo, allo stesso modo, due anni prima.