“Rischio, perciò sono”
Chi sfida la natura e perché? Lo sport (anche l’estremo) consente di gestire lo stress, allena la mente, aumenta l'autostima, il senso di autoefficacia.
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Cos’è la normalità e cosa s’intende per eccezione, cosa il fuori schema o il fuori dal coro, l’istinto di sopravvivenza e l’attrazione fatale per il pericolo, la prudenza e l’incoscienza, la tutela dell’io e l’autolesionismo, il gioco delle bocce e gli sport ‘estremi’, remare su un gozzetto nelle acque chete di un laghetto e la traversata oceanica in solitudine di spregiudicati skipper, la corsa nei sacchi e la maratona di New York di Jo Mac Pherson, cuore matto in cura cardiologica?
In anni di pesca subacquea, di qualche ansia per apnee al limite del tempo massimo, sfidato per non desistere dall’inseguimento di un sarago in fuga, nitido e destabilizzante s’affaccia il ricordo delle imprese del mitico Maiorca, del record mondiale di 101 metri di profondità in apnea, dei 112 non ancora superati di Francisco Ferreros. Meglio graziare il sarago ed emergere, con in testa il perché di sport estremi, che richiedono non solo velocità, prontezza di riflessi, forza fisica, ma soprattutto una notevole dose di coraggio e di passione per la sfida, per imprese umane al limite del disumano, di sfide da superman.
In ordine sparso: base jumping (base è acronimo di buildings, antennas, spans ed earth, ovvero edifici, antenne, tralicci, ponti e rilievi), bungee Jumping (salto con l’elastico), skydiving (paracadutismo), skysurfing (paracadutismo acrobatico con il surf ai piedi), wingsuit (con una tuta alare), parapendio, deltaplano, air races (gare aeronautiche), free climbing (arrampicata libera), free solo (forma più estrema e pericolosa di arrampicata senza alcuna attrezzatura, anche di ponti e grattacieli.
Bouldering (arrampicata su massi), ice climbing (arrampicata su ghiaccio), parkour (disciplina metropolitana nata in Francia), streetluge (slittino da strada), surf estremo (si pratica, alle Hawaii, su onde alte più di sei metri), kitesurfing (tavola apposita trascinata da un aquilone), sleddog (slitte trainate da cani), snocross ( gare in motoslitta), heliski (sci fuoripista); skicross (disciplina olimpica), slopestyle e superpipe (l’evoluzione dell’halfpipe, con sci o con snowboard), canyoning (discesa di corsi d’acqua a piedi: nuoto, tuffi, salti o scivoli), rafting (discesa su fiumi o torrenti su un particolare gommone con un equipaggio di 4-8 persone), hydrospeed (discesa di fiumi o torrenti più o meno impetuosi, su una piccola tavola) e Mb downhill (Mountain bike).
Chi sfida la natura e perché? A lungo la sfida al pericolo è stata addebitata a soggetti con personalità deviata, a patologie. Analisi recenti raccontano che è soprattutto dei giovani ricercare il rischio, spesso con la conseguenza di incidenti mortali. Non è uno sport estremo, ma molto vi somiglia: in piena notte, all’uscita dalle discoteche, giovani alla guida dell’auto, da strade secondarie si lanciano a tutta velocità in arterie nazionali alla ricerca dello scontro. Per il ‘piacere’ di sensazioni forti, ci lasciano la vita. C’è differenza con chi scala pareti rocciose impossibili, o aggredisce le cime più alte del mondo in condizioni climatiche proibitive? Forse.
Si mobilitano le scienze abilitate a definire il fenomeno, indagano l’io dei giovani ‘incoscienti’, ma non ci sono analisi e tanto meno certezze di psicologi che spieghino la ‘follia’ dei ragazzi che si lanciano nel vuoto dal terzo piano dell’albergo che li ospita durante i viaggi vacanza o l’assurdo di rimanere pericolosamente sui binari mentre sopraggiunge un treno, o camminare su un cavo acciaio teso tra due grattacieli. Spiegare l’inspiegabile è un vano arrampicarsi sugli specchi.
Si cita il ‘sensation seeking’, per far intendere che la sfida non è con un avversario, ma con il sé sconosciuto, con qualunque cosa compensi i vuoti del piacere: sensazioni ad alto potenziale di incertezza, imprevedibilità e appunto di rischio. Forse egocentrismo, arroganza, vanità. In controcampo una sentenza assolutoria della psicologia: “Lo sport (anche l’estremo, ndr ?) consente di gestire lo stress, allena la mente, aumenta l’autostima, il senso di autoefficacia”.
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