Per favore e per «favori»: quando il calcio dà i numeri tra moviole e capriole

C’è chi compra i giornali e chi i giornalisti. Al lettore il compito di stanare i badanti e, soprattutto, i badati.

cairoFoto Mosca
Articolo di Roberto Beccantini20/11/2023

La «Gazzetta dello Sport» del 16 novembre grondava sdegno granata. Che la Rcs – rosea compresa – appartenga dal luglio del 2016 a Urbano Cairo, presidente del Toro dal 2005, è un dettaglio che non può e non deve allarmare. Chi scrive ha lavorato dal 1992 al 2010 per «La Stampa» degli Agnelli, proprietari della Juventus e della Ferrari. C’è chi compra i giornali e chi i giornalisti. Al lettore il compito di stanare i badanti e, soprattutto, i badati.
Dunque. Due pagine, la 18 e la 19, farcite di dati incrociati, di numeri al di sopra di ogni sospetto (e dispetto) per fissare la realtà dei torti e dei favori. L’esame sinottico coinvolge otto «sorelle»: In ordine alfabetico: Fiorentina, Inter, Juventus, Lazio, Milan, Napoli, Roma, Torino. Si parte dalla stagione 2020-2021. Ben oltre, quindi, l’epifania del Var, risalente all’agosto 2017.

Bisogna fidarsi. Ci mancherebbe. Sia di coloro che hanno raccolto le «prove» (Carlo Nesti e Massimo Fiandrino), sia delle «prove» stesse e dei luoghi in cui sono state reperite: le moviole della «Gazzetta». Temporibus illis, il voto dell’arbitro spettava all’inviato. E le revisione televisiva era cornice, non quadro. L’avvento di Cairo, e un rigore negato al Toro contro la Roma nell’agosto del 2018, hanno sancito il trasloco dalle pagelle sul campo alle schede redazionali, non di rado gestite da un solo responsabile, titolare della cattedra in moviologia. Con il cronista sul posto, testimone diretto, che lasciava il voto al collega in ufficio. Parafrasando Cartesio, «video ergo sum».

Patti chiari: le sedicenti topiche vengono contate, non pesate. Spuntano «punizioni, rigori, gialli, espulsioni, contatti». Una tabella in particolare mi ha colpito. Nel dettaglio: «Dal 2020 a oggi, totale errori contro: Torino 230, Milan 121, Roma 114, Juventus 103, Inter 102, Lazio, 80, Napoli 77, Fiorentina 59». Però. Ohibò. Globalmente, inoltre, «la Juventus ha avuto 130 errori a favore e 103 contro, il Milan 95 e 102, la Roma 105 e 114, il Torino 52 a favore e 230 contro, la Lazio 79 a favore e 80 avversi». Mancano, delle Grandi, l’Inter (95 pro e 102 contro) e il Napoli (88/77).

Non può non stupire lo squilibrio che coinvolge il Toro: 52 a 230. Ripeto: bisogna fidarsi, senza se e senza ma. Al di là del rapporto editore-società-redazione. «Honi soit qui mal y pense». Immagino i sorrisini. In fin dei conti, il bilancio di Madama rispecchia il rapporto che abbiamo nei confronti dei potenti. O siamo servi o siamo servizievoli. E mai dimenticare che, al netto dell’assistenza tecnologica, all’estero l’arbitro fa parte del gioco mentre in Italia continua a far parte dei giochi.

Se mai, vi scandalizzerà un rilievo che la polvere degli scaffali e gli sbuffi delle rivalità tendono curiosamente a nascondere. Riguarda il campionato 2019-2020, quello invaso e sbranato dalla pandemia. Il periodo, anche, dell’apertura dei «mani-comi», come certificò la grandinata di penalty: 187, addirittura. Insomma: mesi di confine, inquieti e caotici. Coincise, il torneo, con l’ultimo dei nove scudetti consecutivi della Vecchia. L’allenatore era Maurizio Sarri. Gli dobbiamo un piccolo, significativo record. Mai, dal varo del girone unico (1929-1930), una squadra si era laureata campione «nonostante» 12 rigori contro. Quanti ne subì la sua Juventus. Con un differenziale, tra parentesi, largamente accettabile: un misero più 2, dal momento che i «dischetti» pro erano stati 14. Tanto per dire: l’Inter del 2008-2009, pilotata da José Mourinho, ne raccolse appena 4. Ma nemmeno uno a sfavore. Dalla lettera di Gregg Easterbrook, giornalista e scrittore made in Usa, ai leoni da tastiera: «Se torturi i numeri abbastanza a lungo, confesseranno qualsiasi cosa». Ma no. Ma sì. Ma dai.

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